Avido/ingordo?...
 
 
Caro vitalista,

dopo il nostro primo incontro che tu hai giudicato ultimo perché ti ho deluso, oso raggiungerti per iscritto. Tu sei venuto da me e da una parte hai celebrato il tuo amore alla vita e a tutto ciò che essa offre, dall'altra mi hai commiserato perché, a tuo avviso, vivo tra leggi, limiti e restrizioni. Mi hai detto con occhi di febbre, parole esuberanti e gesti concitati che tu ti abbandoni, giorno per giorno, al carico di soddisfazioni, novità, piaceri che gli eventi ti presentano.  
Ti attirano tutte le cose belle, anche se sono rischiose. Ti piace scoprire, vedere, fare tutte le esperienze, escluse quelle direttamente letali (finirebbe così ogni gusto). E ci tieni a dire che ti senti vivo, giovane, aperto, euforico. I frammenti del tuo essere sembrano dispersi qua e là e, in questa dissipazione, tu cogli il godimento vitale. Senza direzione, senza perché, senza troppe domande. 

A tuo parere, gli interrogativi limitano il piacere. E vai avanti così, invidiato, da chi invece è annoiato e depresso. Tu te la canti e te la spassi. Ma sebbene tutto questo abbia un segreto fascino su tutti, perché in tutti c'è la cattiva volontà di evadere, di alienarsi, di abbandonarsi al fiume della vita, di ubriacarsi finalmente per alleggerirsi e dimenticare, io oso scriverti per dirti con franchezza: Fratello mio, il tuo è un teatro. Giochi bene la tua parte e ci tieni ad avere pubblico ed applausi, perché da solo non stai bene. La verità è che la tua gioia è falsa, la tua euforia è esteriore, superficiale, molto, molto fragile. E' solo tua, non si contagia, è morta. 

Dimmi, se hai il coraggio di essere sincero, dimmi caro: com'è il tuo sonno? Dimmi cosa sogni, raccontami quello che ti succede dentro (perché anche tu hai un'anima col desiderio di Dio), quando c'è silenzio assoluto intorno a te, quando tutti vanno via e tu sei solo di fronte allo specchio? Non ti sorge dentro il rimorso della coscienza che ti ricorda: «Stai gettando la tua vita, non stai raccogliendo nessun amore (perché ogni tuo amore muore, prima o poi); dove vai: verso il nulla?» Dimmi caro, le tue segrete paure che non vuoi affrontare, ma ci sono e non riesci a soffocarle del tutto. In fondo, ti stimi così poco che ti vendi agli eventi senza guidarli, senza sapere dove andare. E la morte? E il rendiconto finale? E quel tuo sentirti così sterile ed egoista in fondo a te stesso? 

Usi tutto e usi la tua anima e le tue mani sono bucate. Non hai consistenza... Ma io non ti condanno, anzi, ti chiedo di riaprire il dialogo con chi sa vivere, cioè con chi sa dare un significato spirituale, eterno alla sua umanità, al suo essere e al suo morire. Ritroverai la speranza e la tua vita avrà un vero futuro. Grazie.




Padre Nicola Monaco di Clausura

 

 

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