
Santa Maria di Guadalupe - Le apparizioni della Madonna
e l'immagine di "Maria incinta di tre mesi" stampatasi
miracolosamente sul mantello di San Juan Diego - (per
leggere la storia illustrata e con grafica a colori, collegati
all'indirizzo
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LA STORIA STRAORDINARIA DELLE APPARIZIONI E DELL’IMMAGINE
MIRACOLOSA
Un giorno in cui contemplava una riproduzione dell'Immagine di
Nostra Signora di Guadalupe, Papa Giovanni Paolo II fece questa
confidenza: «Mi sento attirato da quest'Immagine, perché il viso
è pieno di tenerezza e di semplicità; mi chiama...». Più
tardi, il 6 maggio 1990, in occasione di un pellegrinaggio in
Messico, il Santo Padre beatificava il messaggero di Nostra
Signora, Juan Diego, e diceva: «La Vergine ha scelto Juan Diego
fra i più umili, per ricevere quella manifestazione affabile e
benigna che fu l'apparizione di Nostra Signora di Guadalupe. Il
suo viso materno sulla santa Immagine che ci lasciò in dono ne è
un ricordo imperituro». Nel secolo XVI, la Santa Vergine, piena
di pietà per il popolo azteco che, vivendo nelle tenebre
dell'idolatria, offriva agli idoli innumerevoli vittime umane, si
è degnata di prendere in mano essa medesima l'evangelizzazione
degli Indiani dell'America Centrale che erano anch'essi suoi
figli. Un dio degli Aztechi, cui era attribuita la fertilità, si
era trasformato, con l'andar del tempo, in dio feroce. Simbolo del
sole, quel dio, in lotta permanente con la luna e le stelle, aveva
bisogno – così si credeva – di sangue umano per restaurare le
proprie forze, poiché, se fosse perito, la vita si sarebbe
spenta. Sembrava dunque indispensabile offrigli, in perpetuo
sacrificio, sempre nuove vittime.
Un'aquila su un cactus
I sacerdoti aztechi avevano profetizzato che il loro
popolo nomade si sarebbe insediato nel luogo in cui si fosse
mostrata un'aquila che, appollaiata su un cactus, divorasse un
serpente. L'aquila figura sulla bandiera del Messico attuale.
Giunti su un'isola palustre, in mezzo al lago Texcoco, gli Aztechi
vedono compiersi il preannunciato presagio: un'aquila, appollaiata
su un cactus, sta divorando un serpente; siamo nel 1369. Fondano
quindi lì la città di Tenochtitlán, che diventerà Città del
Messico. Essa si sviluppa fino a diventare una vasta città su
palafitte con numerosi giardini in cui abbondano fiori, frutti e
verdure. L'organizzazione progressiva del regno azteco fa di esso
un impero gerarchizzato e molto strutturato. Le conoscenze dei
matematici, degli astronomi, filosofi, architetti, medici, artisti
ed artigiani sono molto avanzate per l'epoca. Ma le leggi fisiche
rimangono poco note. La potenza e la prosperità di Tenochtitlán
sono dovute soprattutto alla guerra. Le città conquistate devono
pagare un tributo di derrate varie e di uomini per la guerra e per
i sacrifici. I sacrifici umani e l'antropofagia degli Aztechi
hanno pochi riscontri analoghi nel corso della storia.
Nel 1474, nasce un bambino cui vien dato il nome di Cuauhtlatoazin
(«aquila parlante»). Alla morte di suo padre, è lo zio che si
incarica del piccolo. Fin dall'età di tre anni, gli si insegna,
come a tutti i bambini aztechi, a partecipare ai lavori domestici
ed a comportarsi dignitosamente. A scuola, impara il canto, la
danza e soprattutto la religione con i suoi molteplici dèi. I
sacerdoti hanno una grande influenza sulla popolazione, che
mantengono in una sottomissione che va fino al terrore.
Cuauhtlatoazin ha tredici anni, quando si procede alla
consacrazione del gran Tempio di Tenochtitlán. Nel corso di
quattro giorni, i sacerdoti sacrificano al loro dio 80.000 vittime
umane. Dopo il servizio militare, Cuauhtlatoazin si sposa con una
ragazza della sua condizione. Insieme, conducono una modesta vita
di agricoltori.
Nel 1519, lo spagnolo Cortés sbarca nel Messico, alla testa di più
di 500 soldati. Conquista il paese per conto della Spagna, ma non
senza zelo per l'evangelizzazione degli Aztechi; nel 1524, ottiene
la venuta a Città del Messico di dodici Francescani. I missionari
s'integrano facilmente nella popolazione; la loro bontà contrasta
con la durezza dei sacerdoti aztechi e con quella di certi
conquistatori. Si cominciano a costruire chiese. Tuttavia, gli
Indiani si mostrano assai refrattari al Battesimo, soprattutto a
causa della poligamia che dovrebbero abbandonare.
Cuauhtlatoazin e sua moglie sono fra i primi a ricevere il
Battesimo, ed assumono rispettivamente i nomi di Juan Diego e
Maria Lucia. Alla morte di quest'ultima, nel 1529, Juan Diego si
ritira a Tolpetlac, a 14 km da Città del Messico, presso lo zio
Juan Bernardino, diventato pure lui cristiano.
Il 9 dicembre 1531, come sempre il sabato, egli parte prestissimo
la mattina per assistere alla Messa celebrata in onore della Santa
Vergine, presso i Frati francescani, vicino a Città del Messico.
Passa ai piedi della collina di Tepeyac. Improvvisamente, sente un
canto dolce e sonoro che gli sembra provenga da una gran
moltitudine di uccelli. Alzando gli occhi verso la cima della
collina, vede una nuvola bianca e sfavillante. Guarda intorno a sé
e si chiede se non stia sognando. Improvvisamente il canto tace ed
una voce di donna, dolce e delicata, lo chiama: «Juanito! Juan
Dieguito!» S'inerpica rapidamente sulla collina e si trova
davanti ad una giovane bellissima, le cui vesti brillano come il
sole.
«Un tempio in cui manifesterò il mio amore»
Rivolgendosi a lui in nahuatl, la sua lingua materna, gli
dice: «Figlio mio, Juanito, dove vai? – Nobile Signora, mia
Regina, vado a Messa a Città del Messico per apprendervi le cose
divine che ci insegna il sacerdote. – Voglio che tu sappia con
certezza, caro figlio, che io sono la perfetta e sempre Vergine
Maria, Madre del vero Dio da cui proviene ogni vita, il Signore di
tutte le cose, Creatore del cielo e della terra. Ho un grandissimo
desiderio: che si costruisca, in mio onore, un tempio in cui
manifesterò il mio amore, la mia compassione e la mia protezione.
Sono vostra madre, piena di pietà e d'amore per voi e per tutti
coloro che mi amano, hanno fiducia in me e a me ricorrono.
Ascolterò le loro lamentele e lenirò la loro afflizione e le
loro sofferenze. Perché possa manifestare tutto il mio amore,
va’ ora dal vescovo, a Città del Messico, e digli che ti mando
da lui per fargli conoscere il grande desiderio che provo di veder
costruire, qui, un tempio a me consacrato».
Juan Diego si reca immediatamente al vescovado. Monsignor Zumárraga,
religioso francescano, primo vescovo di Città del Messico, è un
uomo pio e pieno di zelo il cui cuore trabocca di bontà per gli
Indiani; ascolta attentamente il pover'uomo, ma, temendo
un'illusione, non gli dà credito. Verso sera, Juan Diego prende
la via del ritorno. In cima alla collina di Tepeyac, ha la felice
sorpresa di ritrovare l'Apparizione; rende conto della sua
missione, poi aggiunge: «Vi supplico di affidare il vostro
messaggio a qualcuno più noto e rispettato, affinché possa
essere creduto. Io sono solo un modesto Indiano che avete mandato
da una persona altolocata in qualità di messaggero. Perciò non
sono stato creduto ed ho potuto soltanto causarvi una gran
delusione. – Figlio carissimo, risponde la Signora, devi capire
che vi sono persone molto più nobili cui avrei potuto affidare il
mio messaggio, e tuttavia è grazie a te che il mio progetto si
realizzerà. Torna domani dal vescovo... digli che sono io in
persona, la Santa Vergine Maria, Madre di Dio, che ti manda».
La domenica mattina dopo la Messa, Juan Diego si reca dal vescovo.
Il prelato gli fa molte domande, poi chiede un segno tangibile
della realtà dell'apparizione. Quando Juan Diego se ne torna a
casa, il vescovo lo fa seguire discretamente da due domestici. Sul
ponte di Tepeyac, Juan Diego scompare ai loro occhi, e, malgrado
tutte le ricerche effettuate sulla collina e nei dintorni, essi
non lo ritrovano più. Furenti, dichiarano al vescovo che egli è
un impostore e che non bisogna assolutamente credergli. Durante il
medesimo tempo, Juan Diego riferisce alla bella Signora, che lo
aspettava sulla collina, il nuovo colloquio avuto con il vescovo:
«Torna domattina a prendere il segno che reclama», risponde
l'Apparizione.
Rose, in pieno inverno!
Tornando a casa, l'Indiano trova lo zio malato e il
giorno seguente deve rimanere al suo capezzale per curarlo. Poiché
la malattia si aggrava, lo zio chiede al nipote di andare a
cercare un sacerdote. All'alba, il martedì 12 dicembre, Juan
Diego si avvia verso la città. Quando si avvicina alla collina di
Tepeyac, giudica preferibile fare una deviazione per non
incontrare la Signora. Ma, improvvisamente, la vede venirgli
incontro. Tutto confuso, le espone la situazione e promette di
tornare non appena avrà trovato un sacerdote per dare l'olio
santo allo zio. «Figliolo caro, replica l'Apparizione, non
affliggerti per la malattia di tuo zio, perché egli non morirà.
Ti assicuro che guarirà... Va’ fin in cima alla collina, cogli
i fiori che ci vedrai e portameli». Arrivato in cima, l'Indiano
è stupefatto di trovarvi un gran numero di fiori sbocciati, rose
di Castiglia, che spandono un profumo quanto mai soave. In questa
stagione invernale, infatti, il freddo non lascia sussistere
nulla, ed il luogo è troppo arido per permettere la coltura dei
fiori. Juan Diego coglie le rose, le deposita nel mantello, o
tilma, poi ridiscende dalla collina. «Figlio caro, dice la
Signora, questi fiori sono il segno che darai al vescovo... Questo
lo disporrà a costruire il tempio che gli ho chiesto». Juan
Diego corre al vescovado.
Quando arriva, i domestici lo fanno aspettare per lunghe ore.
Stupiti che sia tanto paziente, e incuriositi da quel che porta
nella tilma, finiscono per avvertire il vescovo, il quale,
malgrado si trovi in compagnia di parecchie persone, lo fa entrare
immediatamente. L'Indiano racconta la sua avventura, apre la tilma
e lascia sparpagliarsi per terra i fiori ancora brillanti di
rugiada. Con le lacrime agli occhi, Monsignor Zumárraga cade in
ginocchio, ammirando le rose del suo paese. Ad un tratto, scorge,
sulla tilma, il ritratto di Nostra Signora. Vi è Maria, come
impressa sul mantello, bellissima e piena di dolcezza. I dubbi del
vescovo lasciano il posto ad una solida fede e ad una speranza
incantata. Prende la tilma e le rose, e le deposita
rispettosamente nel suo oratorio privato. Il giorno dopo, si reca
con Juan Diego sulla collina delle apparizioni. Dopo aver
esaminato i luoghi, lascia che il veggente torni dallo zio. Juan
Bernardino è effettivamente guarito. La guarigione si è prodotta
all'ora stessa in cui Nostra Signora appariva a suo nipote.
Racconta: «L'ho vista anch'io. È venuta proprio qui e mi ha
parlato. Vuole che le si eriga un tempio sulla collina di Tepeyac
e che si chiami il suo ritratto «Santa Maria di Guadalupe». Ma
non mi ha spiegato perché». Il nome di Guadalupe è ben noto
agli Spagnoli, poiché esiste nel loro paese un antichissimo
santuario consacrato a Nostra Signora di Guadalupe.
La notizia del miracolo si sparge rapidamente; in poco tempo, Juan
Diego diventa popolare: «Accrescerò la tua fama», gli aveva
detto Maria; ma l'Indiano rimane sempre altrettanto umile. Per
facilitare la contemplazione dell'Immagine, Monsignor Zumárraga
fa trasportare la tilma nella cattedrale. Poi intraprende la
costruzione di una chiesetta e di un eremo, per Juan Diego, sulla
collina delle apparizioni. Il 25 dicembre seguente, il vescovo
consacra la cattedrale alla Santissima Vergine, al fine di
ringraziarla per i favori insigni di cui Ella ha ricolmato la
diocesi; poi, in una magnifica processione, l'Immagine miracolosa
viene portata verso il santuario di Tepeyac, che è appena stato
ultimato. Per manifestare la loro gioia, gli Indiani tirano
frecce. Una di esse, lanciata senza precauzioni, trafigge la gola
di uno dei presenti che cade a terra, ferito mortalmente. Subentra
un silenzio impressionante ed una supplica intensa sale verso la
Madre di Dio. Improvvisamente, il ferito, che è stato depositato
ai piedi dell'Immagine miracolosa, riprende i sensi e si rialza,
pieno di vigore. L'entusiasmo della folla è al colmo.
Milioni d'Indiani diventati Cristiani
Juan Diego si sistema nel piccolo eremo e veglia alla
manutenzione ed alla pulizia del luogo. La sua vita rimane molto
modesta: coltiva con cura un campo messo a sua disposizione presso
il santuario. Riceve i pellegrini, sempre più numerosi, parlando
loro con molto piacere della Santa Vergine e raccontando senza
stancarsi i particolari delle apparizioni. Gli vengono affidate
intenzioni di preghiere di ogni genere. Ascolta, compatisce,
conforta. Passa una gran parte del suo tempo libero in
contemplazione davanti all'immagine della sua Signora; i suoi
progressi sulla via della santità sono rapidi. Un giorno dopo
l'altro, compie la sua missione di testimone, fino alla morte che
avverrà il 9 dicembre 1548, diciassette anni dopo la prima
apparizione.
Quando gli Indiani appresero la notizia delle apparizioni di
Nostra Signora, si sparsero fra loro un entusiasmo ed una gioia
indicibili. Rinunciando agli idoli, alle superstizioni, ai
sacrifici umani ed alla poligamia, molti chiesero il Battesimo.
Nei nove anni che seguirono le apparizioni, nove milioni di loro
furono convertiti alla fede cristiana, vale a dire 3000 al giorno!
I particolari dell'Immagine di Maria colpiscono profondamente gli
Indiani: quella donna è più grande del “dio-sole”, poiché
appare in piedi davanti al sole; supera il “dio-luna”, poiché
tiene la luna sotto ai suoi piedi; non è più di questo mondo,
poiché è circondata di nuvole ed è tenuta al di sopra del mondo
da un angelo; le mani giunte la mostrano in preghiera, il che
significa che c'è qualcuno di più grande di lei...
Ma, ancora oggi, il mistero dell'Immagine miracolosa è grande. La
tilma, vasto grembiule tessuto a mano con fibre di cactus, porta
l'Immagine sacra di un'altezza di 1,43 m. Il viso della Vergine è
perfettamente ovale e di un color grigio che tende al rosa. Gli
occhi hanno un'intensa espressione di purezza e di dolcezza. La
bocca sembra sorridere. La bellissima faccia, simile a quella di
un'Indiana meticcia, è incorniciata da una chioma nera che, vista
da vicino, comporta capelli di seta. Un'ampia tunica, di un rosa
incarnato che non si è mai potuto riprodurre, la copre fino ai
piedi. Il mantello, azzurro-verde, è bordato di un gallone d'oro
e cosparso di stelle. Un sole di vari toni forma uno sfondo
magnifico in cui brillano raggi d'oro.
La conservazione della tilma, dal 1531 ad oggi, rimane
inspiegabile. In capo a più di quattro secoli, la stoffa, di
qualità mediocre, conserva la stessa freschezza, la stessa
vivacità di toni che aveva in origine. In confronto, una copia
dell'Immagine di Nostra Signora di Guadalupe, dipinta con gran
cura nel secolo XVIII e conservata nelle stesse condizioni
climatiche di quella di Juan Diego, si è completamente degradata
in pochi anni. All'inizio del secolo XX, periodo doloroso di
rivoluzioni per il Messico, una carica di dinamite fu depositata
da miscredenti sotto l'Immagine, in un vaso pieno di fiori.
L'esplosione ha distrutto i gradini di marmo dell'altare maggiore,
i candelabri, tutti i portafiori; il marmo dell'altare fu fatto a
pezzi, il Cristo di ottone del tabernacolo si piegò in due. I
vetri della maggior parte delle case circostanti la basilica si
ruppero, ma quello che proteggeva l'Immagine non fu nemmeno
incrinato; l'Immagine rimase intatta.
Le proprietà straordinarie dell’immagine
Nel 1936, uno studio realizzato su due fibre della tilma,
una rossa ed una gialla, giunse a conclusioni stupefacenti.
Le fibre non contengono nessun colorante noto. L'oftalmologia e
l'ottica confermano la natura inspiegabile dell'immagine: essa
assomiglia ad una diapositiva proiettata sul tessuto. Un esame
approfondito mostra che non vi è nessuna traccia di disegno o di
schizzo sotto il colore, anche se ritocchi perfettamente
riconoscibili sono stati realizzati sull'originale, ritocchi che,
del resto, si degradano con l'andar del tempo; inoltre, il
supporto non ha ricevuto nessun appretto, il che sembrerebbe
inspiegabile se si trattasse veramente di una pittura, poiché,
anche su una tela più fine, si mette sempre un rivestimento, non
fosse che per evitare che la tela assorba la pittura e che i fili
affiorino alla superficie. Non si distingue nessuna pennellata. A
seguito di un esame a raggi infrarossi, effettuato il 7 maggio
1979, un professore della NASA scrive: «Non c'è nessun modo di
spiegare la qualità dei pigmenti utilizzati per la veste rosa, il
velo azzurro, il volto e le mani, né la persistenza dei colori, né
la freschezza dei pigmenti in capo a parecchi secoli durante i
quali avrebbero dovuto normalmente degradarsi... L'esame
dell'Immagine è stata l'esperienza più sconvolgente della mia
vita».
Certi astronomi hanno constatato che tutte le costellazioni
presenti nel cielo nel momento in cui Juan Diego apre la tilma
davanti al vescovo Zumárraga, il 12 dicembre 1531, si trovano al
loro posto sul mantello di Maria. Si è anche scoperto che,
applicando una carta topografica del Messico centrale sulla veste
della Vergine, le montagne, i fiumi ed i laghi principali
coincidono con l'ornamentazione della veste medesima.
Esami oftalmologici giungono alla conclusione che l'occhio di
Maria è un occhio umano che sembra vivo, ivi inclusa la retina in
cui si riflette l'immagine di un uomo con le mani aperte: Juan
Diego. L'immagine nell'occhio ubbidisce alle leggi note
dell'ottica, in particolare a quella che afferma che un oggetto in
piena luce può riflettersi tre volte nell'occhio (legge di
Purkinje-Samson). Uno studio posteriore ha permesso di scoprire
nell'occhio, oltre al veggente, Monsignor Zumárraga e parecchi
altri personaggi, presenti quando l'immagine di Nostra Signora è
apparsa sulla tilma. Infine, la rete venosa normale microscopica
sulle palpebre e la cornea degli occhi della Vergine è
perfettamente riconoscibile. Nessun pittore umano avrebbe potuto
riprodurre simili particolari.
Una donna incinta di tre mesi
Misure ginecologiche hanno stabilito che la Vergine
dell'Immagine ha le dimensioni fisiche di una donna incinta di tre
mesi. Sotto la cintura che trattiene la veste, al posto stesso
dell'embrione, spicca un fiore con quattro petali: il Fiore
solare, il più familiare dei geroglifici degli Aztechi che
simboleggia per loro la divinità, il centro del mondo, del cielo,
del tempo e dello spazio. Dal collo della Vergine pende una spilla
il cui centro è adorno di una piccola croce, che ricorda la morte
di Cristo sulla Croce per la salvezza di tutti gli uomini. Vari
altri particolari dell'Immagine di Maria fanno di essa uno
straordinario documento per la nostra epoca, che li può
constatare grazie alle tecniche moderne.
Così la scienza, che ha spesso servito quale pretesto per
l'incredulità, oggi ci aiuta a mettere in evidenza segni che
erano rimasti sconosciuti per secoli e secoli e che non può
spiegare. L'immagine di Nostra Signora di Guadalupe porta un
messaggio di evangelizzazione: la Basilica di Città del Messico
è un centro «dal quale scorre un fiume di luce del Vangelo di
Cristo, che si diffonde su tutta la terra attraverso l'Immagine
misericordiosa di Maria» (Giovanni Paolo II, 12 dicembre 1981).
Inoltre, con il suo intervento in favore del popolo azteco, la
Vergine ha contribuito alla salvezza di innumerevoli vite umane, e
la sua gravidanza può esser interpretata come un appello speciale
in favore dei nascituri e della difesa della vita umana; tale
appello è di grande attualità ai giorni nostri, in cui si
moltiplicano e si aggravano le minacce contro la vita delle
persone e dei popoli, soprattutto quando si tratta di una vita
debole ed inerme. Il Concilio Vaticano II ha deplorato con forza i
crimini contro la vita umana: “Tutto ciò che è contro la vita
stessa, come ogni specie di omicidio, il genocidio, l'aborto,
l'eutanasia e lo stesso suicidio volontario, TUTTO CIÒ CHE VIOLA
L'INTEGRITÀ' DELLA PERSONA UMANA... (...); tutte queste cose, e
altre simili, sono certamente VERGOGNOSE. Mentre GUASTANO LA
CIVILTÀ UMANA, disonorano coloro che così si comportano più
ancora che quelli che le subiscono e ledono grandemente l'onore
del Creatore” ("Gaudium et Spes", n.27).
Di fronte a tali flagelli, che si sviluppano grazie ai progressi
scientifici e tecnici, e che beneficiano di un ampio consenso
sociale e di riconoscimenti legali, invochiamo Maria con fiducia.
Essa è un «modello incomparabile di accoglienza della vita e di
sollecitudine per la vita... Mostrandoci suo Figlio, ci assicura
che in Lui le forze della morte sono già state vinte» (Giovanni
Paolo II, Evangelium vitæ, 25 marzo 1995, nn. 102, 105). «In
gigantesco duello si sono battute la morte e la vita. Il Signore
della vita, già morto, ora vive e regna» (Sequenza di Pasqua).
Domandiamo a San Juan Diego, canonizzato da Papa Giovanni Paolo II
il 31 luglio 2002, di ispirarci una vera devozione per la nostra
Madre Celeste, poiché «la compassione di Maria si estende a
tutti coloro che la chiedono, non fosse che con un semplice
saluto: “Ave, Maria...”» (Sant'Alfonso de Liguori). Lei, che
è Madre di Misericordia, ci otterrà la Misericordia di Dio,
specialmente se saremo caduti in peccati gravi.
Dom Antoine Marie OSB
Abbazia Saint-Joseph de Clairval
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