A San Pietro il «cuore» del mondo
Da Roma Pino Ciociola
Un pezzo di cielo è sceso a
sdraiarsi qualche ora sulla terra. E a Giovanni Paolo dev'essere
piaciuto il suo funerale, deve averlo commosso, lassù.
Dev'essergli tanto piaciuta anche la notte che l'aveva
preceduto: colorata di tutti quei ragazzi accampati (anche con
le tende) fin sul greto del Tevere, fin nei giardini di Castel
Sant'Angelo, sui marciapiedi di via della Conciliazione e delle
strade intorno. Doveva averlo fatto sorridere, felice, sentire
le loro voci giovani in tante lingue, dal suo polacco al
romanesco, che raccontavano e cantavano di lui. E deve averlo
commosso - dopo due e ore e mezza di cerimonia - l'applauso
lungo cinque minuti e quell'urlo di tutti «san-to san-to
san-to!», il saluto cioè appena prima che la sua bara
rientrasse in Basilica. Applauso che sale e s'allarga fino a chi
è a ponte Vittorio, a Borgo Pio, sul lungotevere.
Mezzo milione di persone
che sono una sola
Un'alba fredda, livida, eppure avvolgente. Il colonnato e, poco
più in là, migliaia di sacchi a pelo s'impregnano di luce
tenue, quasi nebbiosa. Alle sette e dieci si apre la piazza
scaglionando gli ingressi. E la gente - che ormai stava
premendo, in qualche caso anche duramente - entra, la riempie,
si siede, spiega le bandiere che sono a centinaia e quasi tutte
rosse e bianche. Il sole illumina la facciata di San Pietro e la
parte destra del colonnato. Manca una manciata di minuti
all'inizio del funerale. Le persone sono tantissime e soltanto
una. Anche chi siede su via della Conciliazione, anche
addirittura chi è rimasto in via Pio X, perché avanti non c'è
più posto (e quindi non vede), è onda alta e palpitante di
questo mare.
La sua bara di legno
fra gli applausi e i sorrisi
Le dieci e sei minuti. Eccola, la sua bara, fra applausi di
gioia che s'adagiano sul vento fresco di Roma. Sono in parecchi
ad i nginocchiarsi. Ma il funerale è "diverso",
molto: è piuttosto una specie di festa d'amore in famiglia. Coi
giovani a roteare sciarpe e bandiere e fazzoletti da scout come
in uno stadio. «Possiamo essere sicuri che il nostro amato Papa
sta adesso alla finestra della casa del Padre, ci vede e ci
benedice»: le parole del cardinale Ratzinger, a chiudere
l'omelia, sono frustata di tenerezza negli sguardi dei ragazzi
che d'istinto vanno sulla finestra chiusa del Palazzo
apostolico. Appuntati su quella bara di legno povero eppure
regale. Più di una donna ha un velo nero sul capo. Più di una
persona è nell'abito tradizionale del suo Paese. Più di una
bandiera è quella di Solidarnosc. Passa un gruppo di Taranto,
mentre a mezzogiorno meno un quarto le nuvole aumentano e
s'anneriscono. Intanto continua ad arrivare gente. Ecco anche
una bandiera della Nuova Zelanda. E una del Libano. Ecco un
grandissimo striscione: Santo subito, vi si legge.
Qui, ora, è la piazza
d'ogni uomo sulla terra
Qui, stamattina, adesso, è realmente la piazza di ogni uomo:
non c'è differenza fra potenti della terra e l'ultimo
pellegrino giunto dall'ultimo Paese del mondo. Basta guardarsi
intorno. Ci sono capi di Stato e i disabili sistemati vicino a
loro, donne e uomini, ragazzini e vecchi. Davvero tantissime
persone che sono una sola. È il momento dell'Eucarestia: decine
di preti con la stola rossa a lutto si distribuiscono nella
piazza per distribuire la Comunione. La celebrazione va avanti.
Per la benedizione della salma la commozione si aggrappa allo
stomaco: è questo forse il momento più intenso e difficile. La
gente resta in silenzio. E la gola si stringe quando i dodici
"sediari" pontifici entrano sul sagrato e sollevano
nuovamente - l'ultima volta - la bara col corpo di Giovanni
Paolo. La rivolgono verso la gente. Ancora un ult imo,
lunghissimo, struggente applauso prima che rientri per sempre
nella Basilica, sotto la quale - nelle grotte vaticane - verrà
tumulato.
Molti vanno via
altrettanti restano
«Il deflusso è stato tranquillo: tutto si è svolto per il
meglio», spiega alle quattro del pomeriggio Marco Esposito,
responsabile dei due "Posti medici avanzati" (Pma)
allestiti dall'Associazione regionale emergenza sanitaria e
sociale (Aress) delle Marche: «Stiamo smontando le tende, ne
abbiamo lasciata solo una per eventuali emergenze dell'ultimo
momento». Piazza San Pietro si svuota molto, molto lentamente.
Perché in tanti sono stanchissimi e hanno approfittato per
riposarsi qualche ora - qui e nelle vie vicine - prima di andar
via. Sui maxischermi continuano a scorrere i messaggi in tre
lingue: italiano, polacco e inglese. Prima quello con l'invito a
a defluire con calma per raggiungere i luoghi di partenza. Poi,
dalle quindici, l'avviso che «per la giornata di oggi non è
prevista la riapertura della Basilica di San Pietro». Rivolto,
quest'ultimo, a chi sta restando in piazza. Nelle strade
laterali gli uomini del Comune cominciano a ripulire.
La pace e la speranza
Le nuvole, ormai, si sono impossessate dell'intero spicchio di
cielo sopra il Vaticano. Fa fresco. Tutto è tranquillo. A un
passo c'è la Roma meravigliosa e irreale senza le auto. Anche
la gente in piazza viene a sapere che alle quattordici e venti
Karol Wojtyla è stato tumulato. Un uomo piange. E una ragazza
alza gli occhi a quella finestra del Palazzo apostolico. C'è
pace, nell'aria. C'è speranza. Giovanni Paolo dev'essersi
davvero commosso di gioia al suo funerale. Molto. E molti con
lui.
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Come inatteso
giubileo Tutti sorridono a tutti
Una promessa muta a cospetto del
futuro
La messa al centro. Incuriosisce
gli ospiti
Il tono alla piazza i più assorti
di tutti
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