I GRANDI DELLA
TERRA AL FUNERALE
Come inatteso giubileo Tutti
sorridono a tutti
Elio Maraone
«Salam aleikum» (la
pace sia con voi). Non ci si stupirebbe se queste parole
fossero scambiate fra due musulmani, o comunque fra
persone di lingua araba, anche in circostanze rare o
particolarmente solenni: si tratta di un saluto
abituale, al quale la buona creanza insegna a replicare
rovesciandolo in «Aleikum salam». Sorprende invece che
a pronunciarle ieri, al termine della Messa esequiale
per Giovanni Paolo II, sia stato il presidente
israeliano Moshe Katzav, rivolgendole al collega
iraniano Mohammed Khatami, il quale a sua volta aveva
appena salutato il presidente del Congresso mondiale
ebraico, Israel Singer. E soltanto un filino meno
sorprendenti, nella circostanza, sono stati la stretta
di mano offerta a Katzav dal presidente siriano Bashar
Assad (e immediatamente accettata, al momento cristiano
dello scambio di un segno di pace), e l'abbraccio,
sempre a Katzav, del presidente algerino Abdel Aziz
Buteflika. È ovviamente troppo presto per salutare
questo «evento storico», come lo ha giustamente
definito la radio israeliana, e cioè i gesti amichevoli
tra Katzav e leader musulmani (specialmente i capi dei
due Paesi più ostili a Israele, ossia Iran e Siria),
quale evento che prelude all'apertura di un dialogo
schietto, in vista di trattative di pace vere e proprie.
Si tratta, comunque, di un evento rilevante sul piano
spirituale, davanti al quale non si può evitare di
emozionarsi, come ha fatto lo stesso Katsav quando ha
osservato che «milioni di persone venute da tutto il
mondo per testimoniare la propria fede usano il termine
ebraico "Allelujah", dimostrando anche con
questo che la fede in un unico Dio è universalmente
condivisa». Basterebbero queste parole ad accrescere la
già enorme letizia, là dove si trova, di Giovanni
Paolo II, strenuo promotore nella vita terrena
dell'amicizia fra ebrei e cristiani, nonché, e più in
generale, del dialogo interreligioso. Ma affermiamo
anche, e a prescindere da eventuali risultati positivi
di futuri incontri internazionall , che il Papa continua
ad esercitare la sua influenza anche politica, e che la
sua attività di suggeritore e di mediatore non si
interrompe con la morte. Soltanto uno come lui, con il
suo straordinario carisma e la sua eccezionale statura
di capo spirituale poteva convocare da morto questi
Stati Generali del mondo. Uniti in un comune e insolito
abbraccio si sono visti nemici o avversari storici come
quelli citati, turchi e greci, pachistani e indiani,
leader di Paesi straricchi e di Paesi poveri. Tutti
capaci di esprimere (indimenticabile, tra gli altri,
George W. Bush che si volge a cercare la mano dei
vicini), con insolita spontaneità, la propria
ammirazione per il defunto e, in suo onore, sotto il suo
influsso, una ricerca di amicizia. Mancavano, è vero, i
vertici di Pechino e il presidente russo Putin,
prigionieri dei loro piccoli calcoli. Ma la loro assenza
fa un'ombra cortissima, che non disturba la luce di un
giorno nel quale, e tra l'altro, il Papa è riuscito a
realizzare quello che sembrava irrealizzabile. Ossia
riunire attorno a sé, nella piazza maggiore della
cristianità, quei capi del mondo che aveva visitato,
incoraggiato, rimproverato - e infine, come s'è visto,
sedotto - uno ad uno. Facciamo parlare, per tutti,
l'imperatore del mondo attuale, Bush, che in aereo,
sulla via di casa, ha detto: «Questa cerimonia mi ha
aiutato a rafforzare la fede. La fede è un cammino, una
progressione, non una sosta o un momento effimero, e il
rito di oggi, ci scommetto, è stato occasione di
consolidamento per milioni di persone».
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