PRIMO SALUTO E PRIMA BENEDIZIONE AI
FEDELI
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
16 ottobre 1978
Sia lodato Gesù Cristo.
Carissimi fratelli e sorelle,
siamo ancora tutti addolorati dopo la morte del nostro
amatissimo Papa Giovanni Paolo I. Ed ecco che gli Eminentissimi
Cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma. Lo hanno
chiamato da un paese lontano... lontano, ma sempre così vicino
per la comunione nella fede e nella tradizione cristiana.Ho avuto
paura nel ricevere questa nomina, ma l’ho fatto nello spirito
dell’ubbidienza verso Nostro Signore Gesù Cristo e nella
fiducia totale verso la sua Madre, la Madonna Santissima.
Non so se posso bene spiegarmi nella vostra... nostra lingua
italiana. Se mi sbaglio mi correggerete. E così mi presento a voi
tutti, per confessare la nostra fede comune, la nostra speranza,
la nostra fiducia nella Madre di Cristo e della Chiesa, e anche
per incominciare di nuovo su questa strada della storia e della
Chiesa, con l’aiuto di Dio e con l’aiuto degli uomini.
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
PER L'INIZIO DEL PONTIFICATO
Domenica 22 ottobre 1978
1. “Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16).
Queste parole ha pronunciato Simone figlio di Giona, nella
regione di Cesarea di Filippo. Sì, le ha espresse con la propria
lingua, con una profonda, vissuta, sentita convinzione, ma esse
non trovano in lui la loro fonte, la loro sorgente: “...perché
né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio
che sta nei cieli” (Mt 16,17). Queste erano parole di Fede.
Esse segnano l’inizio della missione di Pietro nella storia
della salvezza, nella storia del Popolo di Dio. Da allora, da tale
confessione di Fede, la storia sacra della salvezza e del Popolo
di Dio doveva acquisire una nuova dimensione: esprimersi nella
storica dimensione della Chiesa. Questa dimensione ecclesiale
della storia del Popolo di Dio trae le sue origini, nasce infatti
da queste parole di Fede e si allaccia all’uomo che le ha
pronunciate: “Tu sei Pietro – roccia, pietra – e su di te,
come su una pietra, io costruirò la mia Chiesa”.
2. Quest’oggi e in questo luogo bisogna che di nuovo siano
pronunciate ed ascoltate le stesse parole: “Tu sei il Cristo, il
Figlio del Dio vivente”.
Sì, Fratelli e Figli, prima di tutto queste parole.
Il loro contenuto dischiude ai nostri occhi il mistero di Dio
vivente, mistero che il Figlio conosce e che ci ha avvicinato.
Nessuno, infatti, ha avvicinato il Dio vivente agli uomini,
nessuno Lo ha rivelato come l’ha fatto solo lui stesso. Nella
nostra conoscenza di Dio, nel nostro cammino verso Dio siamo
totalmente legati alla potenza di queste parole “Chi vede me,
vede pure il Padre”. Colui che è Infinito, inscrutabile,
ineffabile si è fatto vicino a noi in Gesù Cristo, il Figlio
unigenito, nato da Maria Vergine nella stalla di Betlemme.
– Voi tutti che già avete la inestimabile ventura di
credere,
– voi tutti che ancora cercate Dio,
– e pure voi tormentati dal dubbio:
vogliate accogliere ancora una volta – oggi e in questo sacro
luogo – le parole pronunciate da Simon Pietro. In quelle parole
è la fede della Chiesa. In quelle stesse parole è la nuova verità,
anzi, l’ultima e definitiva verità sull’uomo: il figlio del
Dio vivente. “Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente”!
3. Oggi il nuovo Vescovo di Roma inizia solennemente il suo
ministero e la missione di Pietro. In questa Città, infatti,
Pietro ha espletato e ha compiuto la missione affidatagli dal
Signore.
Il Signore si rivolse a lui dicendo: “...quando eri più
giovane ti cingevi la veste da solo e andavi dove volevi; ma
quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà
la veste e ti porterà dove tu non vuoi” (Gv 21,18).
Pietro è venuto a Roma!
Cosa lo ha guidato e condotto a questa Urbe, cuore
dell’Impero Romano, se non l’obbedienza all’ispirazione
ricevuta dal Signore? Forse questo pescatore di Galilea non
avrebbe voluto venire fin qui. Forse avrebbe preferito restare là,
sulle rive del lago di Genesaret, con la sua barca, con le sue
reti. Ma, guidato dal Signore, obbediente alla sua ispirazione, è
giunto qui!
Secondo un’antica tradizione (che ha trovato anche una sua
magnifica espressione letteraria in un romanzo di Henryk
Sienkiewicz), durante la persecuzione di Nerone, Pietro voleva
abbandonare Roma. Ma il Signore è intervenuto: gli è andato
incontro. Pietro si rivolse a lui chiedendo: “Quo vadis, Domine?”
(Dove vai, Signore?). E il Signore gli rispose subito: “Vado a
Roma per essere crocifisso per la seconda volta”. Pietro tornò
a Roma ed è rimasto qui fino alla sua crocifissione.
Sì, Fratelli e Figli, Roma è la Sede di Pietro. Nei secoli
gli sono succeduti in questa Sede sempre nuovi Vescovi. Oggi un
nuovo Vescovo sale sulla Cattedra Romana di Pietro, un Vescovo
pieno di trepidazione, consapevole della sua indegnità. E come
non trepidare di fronte alla grandezza di tale chiamata e di
fronte alla missione universale di questa Sede Romana?!
Alla Sede di Pietro a Roma sale oggi un Vescovo che non è
romano. Un Vescovo che è figlio della Polonia. Ma da questo
momento diventa pure lui romano. Sì, romano! Anche perché figlio
di una nazione la cui storia, dai suoi primi albori, e le cui
millenarie tradizioni sono segnate da un legame vivo, forte, mai
interrotto, sentito e vissuto con la Sede di Pietro, una nazione
che a questa Sede di Roma è rimasta sempre fedele. Oh,
inscrutabile è il disegno della divina Provvidenza!
4. Nei secoli passati, quando il Successore di Pietro prendeva
possesso della sua Sede, si deponeva sul suo capo il triregno, la
tiara. L’ultimo incoronato è stato Papa Paolo VI nel 1963, il
quale, però, dopo il solenne rito di incoronazione non ha mai più
usato il triregno lasciando ai suoi Successori la libertà di
decidere al riguardo.
Il Papa Giovanni Paolo I, il cui ricordo è così vivo nei
nostri cuori, non ha voluto il triregno e oggi non lo vuole il suo
Successore. Non è il tempo, infatti, di tornare ad un rito e a
quello che, forse ingiustamente, è stato considerato come simbolo
del potere temporale dei Papi.
Il nostro tempo ci invita, ci spinge, ci obbliga a guardare il
Signore e ad immergere in una umile e devota meditazione del
mistero della suprema potestà dello stesso Cristo.
Colui che è nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname
– come si riteneva –, il Figlio del Dio vivente, come ha
confessato Pietro, è venuto per fare di tutti noi “un regno di
sacerdoti”.
Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato il mistero di questa
potestà e il fatto che la missione di Cristo – Sacerdote,
Profeta-Maestro, Re – continua nella Chiesa. Tutti, tutto il
Popolo di Dio è partecipe di questa triplice missione. E forse
nel passato si deponeva sul capo del Papa il triregno, quella
triplice corona, per esprimere, attraverso tale simbolo, che tutto
l’ordine gerarchico della Chiesa di Cristo, tutta la sua
“sacra potestà” in essa esercitata non è altro che il
servizio, servizio che ha per scopo una sola cosa: che tutto il
Popolo di Dio sia partecipe di questa triplice missione di Cristo
e rimanga sempre sotto la potestà del Signore, la quale trae le
sue origini non dalle potenze di questo mondo, ma dal Padre
celeste e dal mistero della Croce e della Risurrezione.
La potestà assoluta e pure dolce e soave del Signore risponde
a tutto il profondo dell’uomo, alle sue più elevate aspirazioni
di intelletto, di volontà, di cuore. Essa non parla con un
linguaggio di forza, ma si esprime nella carità e nella verità.
Il nuovo Successore di Pietro nella Sede di Roma eleva oggi una
fervente, umile, fiduciosa preghiera: “O Cristo! Fa’ che io
possa diventare ed essere servitore della tua unica potestà!
Servitore della tua dolce potestà! Servitore della tua potestà
che non conosce il tramonto! Fa’ che io possa essere un servo!
Anzi, servo dei tuoi servi”.
5. Fratelli e Sorelle! Non abbiate paura di accogliere Cristo e
di accettare la sua potestà!
Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con
la potestà di Cristo, servire l’uomo e l’umanità intera!
Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!
Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i
sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura,
di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è
dentro l’uomo”. Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel
profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del
senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si
tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi
imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di
parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita
eterna.
Proprio oggi la Chiesa intera celebra la sua “Giornata
Missionaria Mondiale”, prega, cioè, medita, agisce perché le
parole di vita del Cristo giungano a tutti gli uomini e siano da
essi accolte come messaggio di speranza, di salvezza, di
liberazione totale.
6. Ringrazio tutti i presenti che hanno voluto partecipare a
questa solenne inaugurazione del ministero del nuovo Successore di
Pietro.
Ringrazio di cuore i Capi di Stato, i Rappresentanti delle
Autorità, le Delegazioni di Governi per la loro presenza che mi
onora tanto.
Grazie a voi, Eminentissimi Cardinali della Santa Chiesa
Romana!
Vi ringrazio, diletti Fratelli nell’Episcopato!
Grazie a voi, Sacerdoti!
A voi Sorelle e Fratelli, Religiose e Religiosi degli Ordini e
delle Congregazioni! Grazie!
Grazie a voi, Romani!
Grazie ai pellegrini convenuti da tutto il mondo!
Grazie a quanti sono collegati a questo Sacro Rito attraverso
la Radio e la Televisione!
Apro il cuore a tutti i Fratelli delle Chiese e delle Comunità
Cristiane, salutando, in particolare, voi che qui siete presenti,
nell’attesa del prossimo incontro personale; ma fin d’ora vi
esprimo sincero apprezzamento per aver voluto assistere a questo
solenne rito.
E ancora mi rivolgo a tutti gli uomini, ad ogni uomo (e con
quale venerazione l’apostolo di Cristo deve pronunciare questa
parola: uomo!).
Pregate per me!
Aiutatemi perché io vi possa servire! Amen.
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